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IL MANDATO SANITARIO

MANDATO SANITARIO

PREMESSO CHE:

 

Si richiama ai principi enunciati nei seguenti documenti:

- Costituzione Italiana, artt. 2-3-32 (1948);

- Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, approvata dall'Assemblea Generale dell'ONU, art. 25 (1948);

- Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, approvata dall'Assemblea Generale dell'ONU, art. 25 (1948);

- Carta dei Diritti del Malato, adottata dalla CEE (1979);

- Carta dei 33 Diritti del Cittadino, redatta nella prima sessione pubblica per i Diritti del Malato (1980);  I 14 Diritti dei Cittadini;

- Protocollo Nazionale sul Servizio Sanitario per le nuove Carte dei Diritti del Cittadino approvato nel 1995;

- Legge 145 del 2001 che ratifica in Italia la Convenzione di Oviedo;

- Legge 219 del 2017 che regolamenta il consenso/dissenso informato del paziente ed all’art 1 comma 3 prevede che: “(omiss) Può indicare i familiari o una persona di sua  fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. L’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.”

DIRITTI DEL PAZIENTE

- L’utente ha diritto di essere assistito e curato con premura ed attenzione, nel rispetto della dignità umana e delle proprie convinzioni etiche, morali, filosofiche e religiose.

- Durante il periodo di cura ha diritto ad essere individuato con il proprio nome e cognome. Ha altresì diritto ad essere interpellato con rispetto.

- L’utente ha diritto di ricevere un'assistenza adeguata alle necessità dettate dal proprio stato di salute psico-fisico

- L’utente ha diritto di ottenere dalla struttura sanitaria informazioni relative alle prestazioni  dalla stessa erogate, ed alle modalità di accesso

- Lo stesso ha il diritto di poter identificare immediatamente le persone che lo hanno in  cura.

- Quando l’utente non sia in grado di decidere per se stesso in piena autonomia, tutte le informazioni sul suo stato di salute psico-fisico e sui trattamenti proposti dovranno essere fornite ai familiari o a coloro che esercitano potestà tutoria

- L’utente ha il diritto di ottenere dall’equipe che lo segue informazioni complete e comprensibili in merito alla terapia proposta e di ricevere notizie che gli permettano di esprimere un consenso effettivamente informato prima di essere sottoposto ad interventi diagnostici e terapeutici, nel rispetto della privacy.

- Le informazioni vanno fornite all’utente con modalità che tengano conto del livello culturale, dell’emotività e della sua capacità di comprensione

- L’utente ha il diritto di rinunciare a prestazioni programmate informando tempestivamente i sanitari che lo seguono delle sue intenzioni, espressione della sua volontà.

- L’utente ha diritto di presentare segnalazioni ed inoltrare reclami che debbono essere sollecitamente esaminati dai responsabili della struttura, ed essere informato tempestivamente sull'esito degli stessi.

- I rapporti con l’utenza e l’accesso ai servizi si esplicano senza discriminazioni e nel rispetto dell’uguaglianza dei diritti degli utenti.

- Gli operatori dei vari servizi ispirano i propri comportamenti nei confronti degli utenti a criteri di obiettività, giustizia ed imparzialità.

- Costituisce impegno prioritario garantire un’erogazione dell’assistenza continua, regolare e senza interruzioni, ridurre nei limiti del possibile la durata di eventuali disservizi. In caso di funzionamento irregolare vengono adottate misure volte ad arrecare agli utenti il minor disagio possibile.

- L’utente può prospettare osservazioni, formulare suggerimenti, collaborando così al miglioramento dei servizi sanitari. L’utente può altresì esprimere il proprio gradimento sui servizi ricevuti.

CONSENSO/DISSENSO INFORMATO

La Legge n. 145 del 28 marzo 2001, con la ratifica della Convenzione sui diritti  dell'uomo  e  sulla  biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, ha introdotto nel nostro paese la regola generale secondo la quale ogni paziente debba dare un consenso libero e informato: “Capitolo II – Consenso - Articolo 5 – Regola generale “Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso”. Il 29 ottobre 2004 si è svolta a Roma la cerimonia della firma del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. Hanno firmato la Costituzione i capi di Stato o di governo dei 25 paesi dell'Unione europea e i loro ministri degli esteri dove all’articolo II-63 troviamo: “Diritto all'integrità della persona - 1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica; 2. Nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge. Con la Legge n. 219 del 2017, ha inoltre imposto che il consenso informato, sia esso verbale o scritto, debba essere inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico e non fa distinzioni tra i vari trattamenti ed esami dove anche le vaccinazioni sono veri e propri trattamenti farmacologici preventivi, infatti sul foglietto illustrativo troviamo “farmaco iniettabile esclusivamente da personale medico” e regolamentati dalla stessa dove leggiamo: “Art. 1 comma 3. Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e  a  lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti  diagnostici  e  dei  trattamenti  sanitari indicati,  nonche'  riguardo  alle  possibili  alternative   e   alle conseguenze  dell'eventuale  rifiuto  del  trattamento  sanitario   e dell'accertamento diagnostico o  della  rinuncia  ai  medesimi” dove “Comma 5. Ogni persona capace di agire ha  il  diritto  di  rifiutare,  in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal  medico per la sua patologia o  singoli  atti  del  trattamento  stesso”. Per essere LIBERO il consenso/dissenso deve pertanto essere esente da vizi, coercizioni, inganni, errori, pressione psicologica al fine di influenzare la volontà del paziente. Proprio nella recente Legge 219/2017 possiamo leggere all’articolo 1: “1. La presente legge, nel  rispetto  dei  principi  di  cui  agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli  articoli  1,  2  e  3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignita' e all'autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario puo' essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge” ed inoltre: “2. E' promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia  tra paziente e medico che si basa sul consenso  informato nel quale  si incontrano l'autonomia decisionale  del paziente  e  la  competenza, l'autonomia  professionale e la responsabilita' del  medico. Contribuiscono alla  relazione  di  cura,  in  base  alle  rispettive competenze, gli esercenti una professione  sanitaria  che  compongono l'equipe sanitaria”. Questa regola fa risaltare l’autonomia del paziente nel suo rapporto con i professionisti sanitari e porta a diminuire quegli approcci che ignorerebbero la volontà del paziente. Il paziente deve ritenersi libero di rifiutare in tutto od in parte qualsiasi protocollo medico-ospedaliero. Dunque “si ritiene tramontata la stagione del “paternalismo medico e di Stato” in cui il sanitario si sentiva, in virtù del mandato da esplicare nell’esercizio della professione, legittimato ad ignorare le scelte e le inclinazioni del paziente, ed a trasgredirle quando fossero in contrasto con l’indicazione clinica in senso stretto”. Il consenso del paziente deve formarsi liberamente ed essere immune da violenza, dolo, errore; esso non deve essere contrario all’ordine pubblico o al buon costume. “Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla libertà di curarsi liberamente espressa dalla persona(…). In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona (Art. 34, 1° e 4° comma Codice di Deontologia Medica)”. “Il medico è obbligato a rispettare la volontà del paziente, senza indagarne le motivazioni ma promuovendo comunque l’adesione alla proposta terapeutica (Cass., sez. IV, 27 marzo 2001, Cicarelli). Il medico, anche vaccinatore, davanti alla piena capacità di intendere e di volere del paziente, deve: “Art. 1 comma 6 - 6. Il medico è  tenuto  a  rispettare  la  volontà  espressa  dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario  o  di  rinunciare  al medesimo e, in conseguenza di  ciò,  è  esente  da  responsabilità civile o penale[…]”, ed inoltre: “Art. 1 comma 5 – […]Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto  di  trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari,  le  conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove  ogni  azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi  dei  servizi  di assistenza  psicologica.  Ferma  restando  la  possibilità  per il paziente di modificare la propria volontà, l'accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella  clinica  e  nel  fascicolo sanitario elettronico. In più nel Codice Deontologico del Medici si legge chiaramente: “Art. 17 Rispetto dei diritti del cittadino - Il medico nel rapporto con il cittadino deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della persona”. La Corte di Cassazione in merito all’onere dell’acquisizione del consenso informato previsto dalla legge n.219/2017,  ha stabilito che è un dovere proprio di chi prescrive ed effettua la prestazione sanitaria acquisire personalmente il consenso informato, il medico in rapporto alla responsabilità specifica di propria diretta competenza dell’intervento proposto. (Cass.sez Civile III° n.29709/2019, n.28985/2019 e ord.n.16892/2019). Ai sensi dell’art. 27 del codice penale la responsabilità è personale. Quindi non può essere delegato a terzi un compito proprio preliminare alla propria prestazione, come è l’acquisizione del consenso informato per un atto medico. L’art.35 del codice deontologico medico 2014 afferma: L’acquisizione del consenso informato o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, “non delegabile”. L’art. 1, comma 2, della legge n.219/2017, in merito alla relazione di cura e fiducia tra paziente e medico, afferma che nel consenso informato si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, autonomia e responsabilità professionale del medico. Lo stesso comma 2 specifica che “contribuiscono” alla relazione di cura in base alle rispettive competenze gli esercenti una professione sanitaria che compongono un’equipe sanitaria. Pertanto è di chiara evidenza che le informazioni fornite al paziente dall’equipe sanitaria sono solo integrative e non sostitutive di quelle dovute dal medico per l’acquisizione di un valido consenso informato all’atto medico. Il codice civile all’art. 12 (interpretazione della legge) afferma: nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Il medico acquisisce in forma scritta e sottoscritta o “con altre modalità di pari efficacia documentale” il consenso o il dissenso del paziente. Un modulo generico somministrato da terzi anche se sottoscritto di per sé non costituisce prova di un valido consenso acquisito, ma è necessario che sia integrato da spiegazioni dettagliate in un colloquio diretto col medico (Cass. Sez.Civ. III° n.23329/2019, n.19220/2013, n.24791/2008; Tribunale Pordenone n.852/2010). Il Consenso informato è un atto precontrattuale in cui si forma e si orienta la volontà dell’assistito e in cui le parti sono tenute ad operare in buona fede (art. 1377 CC) nel rispetto dei diritti tutelati dagli artt. 2, 13, 32 della Costituzione (Corte Cost. n.438/08). Il trattamento contro la volontà dell’assistito configura una responsabilità penale a carico del sanitario (Cass. sez. Pen. V°  n.38914/2015  e n.50497/2018). In tema di responsabilità sanitaria la dimostrazione dell’assolvimento dell’obbligo (di avere posto il paziente nelle condizioni) di prestare il consenso informato, che si qualifica quale obbligo contrattuale ex articolo 1218 del codice civile grava sulla struttura ospedaliera. La violazione di tale obbligo ha potenzialmente rilievo a prescindere dall’esito favorevole o meno della prestazione medica, in quanto in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione del paziente. La dimostrazione – invece – di un nesso causale tra la lesione del diritto di autodeterminazione e danno effettivamente subito, spetta al paziente, rientrando tale elemento tra gli oneri in capo all’attore qui dicet (Cass. Sez.Civ. III n. 21/06/2018 n. 16324). La centralità del diritto all’autodeterminazione porta il Tribunale a sottolineare un passaggio centrale della pronuncia della Corte di Cassazione Penale SS.UU.2 n. 2437/2008 (c.d. Giulini), ossia che: “il presupposto indefettibile che giustifica il trattamento sanitario va rinvenuto nella scelta, libera e consapevole della persona che a quel trattamento si sottopone” con la conclusione che “in presenza di un documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona". Ferma restando, dunque, la sicura illiceità, anche penale, della condotta del medico che abbia operato in corpore vili "contro" la volontà del paziente, direttamente o indirettamente manifestata. Detta pronuncia della Suprema Corte pone al centro dell’esperienza sanitaria il paziente che, in quanto individuo cui la Costituzione riconosce diritti inviolabili, ha la legittima aspettativa di vedere tutelati i valori che caratterizzano la propria persona. Per questo motivo il medico deve desistere “dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona”, anche qualora l’esito possa rivelarsi infausto per lo stesso. Fra l’altro la Corte riconosce espressamente che questa volontà possa essere anche “indirettamente” manifestata.

RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE

Molti credono che in Italia la sanità sia gratuita, invece è finanziata da soldi pubblici, pagati da ogni cittadino italiano maggiorenne. Sia per una visita dal medico che una prestazione sanitaria od ospedaliera con ricovero, secondo l’orientamento maggioritario, la responsabilità ascrivibile in capo all’ente ospedaliero è di tipo contrattuale, risultando essa fondata sul cd. contratto di spedalità, ossia il contratto in forza del quale la struttura sanitaria si obbliga a fornire al paziente una complessa prestazione di assistenza sanitaria (consistente nella predisposizione degli spazi necessari, di personale sanitario sufficiente ed efficiente e di attrezzature e macchinari adeguati). Ricondotta l’obbligazione della struttura sanitaria al contratto di spedalità, la giurisprudenza configurava la relativa responsabilità civile come contrattuale ex artt. 1218 c.c. e ss, il quale dispone testualmente che "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile". L’inadempimento all’obbligazione, pertanto, deve essere desunto non già semplicemente dal mancato raggiungimento del risultato, bensì dalla diligenza richiesta ai fini dell’esecuzione della prestazione professionale. La diligenza deve essere valutata con riguardo alla natura dell’attività esercitata (ai sensi dell’art. 1176 c.c.) dove si legge che il debitore "nell'adempiere l'obbligazione deve usare la diligenza del buon padre di famiglia", e si intende che il debitore è obbligato ad osservare una condotta conforme allo standard di riferimento. Pena l'inadempimento e, al tempo stesso, la colpa.

In particolare, la struttura può essere chiamata a rispondere:

(i) la struttura sanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose o colpose;

(ii) l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

“In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione assistenziale, l’onere di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa imprevedibile, inevitabile e non imputabile alla stessa sorge solo ove il danneggiato abbia provato la sussistenza del nesso causale tra la condotta attiva od omissiva dei sanitari e il danno sofferto (Cass.Civ. sez. III, 26/07/2017 n. 18392).

Come già detto, la disciplina della responsabilità contrattuale implica che il paziente, in quanto creditore, debba provare il cd. nesso di causalità giuridica, ossia la relazione tra l’inadempimento contrattuale ed il danno patrimoniale e/o non patrimoniale subito dal paziente. Nell’accertamento della sussistenza della causalità giuridica la norma civilistica di riferimento è rappresentata dall’art. 1223 c.c., il quale prevede il risarcimento dei soli danni che costituiscano conseguenza immediata e diretta dell’illecito, ossia gli effetti normali e ordinari dell’illecito. Quanto alla regola su cui si fonda il procedimento di ricostruzione di tale nesso causale, si ricorre al principio del “più probabile che non”, o regola della “preponderanza dell’evidenza” , in base al quale il giudice civile potrà affermare l’esistenza del nesso causale anche soltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando che tale prova non sia idonea a garantire la certezza al di là di ogni ragionevole dubbio, come necessario in sede di accertamento della responsabilità penale

DIRITTI DEI VISITATORI/ACCOMPAGNATORI (VISITING POLICIES)

Nei Diritti del Paziente (Diritti Universali) essere accompagnato in nascita, morte e malattia non è solo un diritto ma una questione inalienabile di salute e cura. Nessuno può vietarci di stare vicino a chi vogliamo vicino in questi momenti importanti della nostra vita. La presenza dei familiari deve essere visto come un momento di sviluppo della  tendenza  a  promuovere  un  sempre  maggiore  rispetto  della  persona  umana  nei  trattamenti  e  nelle  strutture  sanitarie,  coerente  anche  con  una  concezione  favorevole  a  una  tutela  più  ampia  della  salute,  inclusiva  delle  condizioni materiali e sociali maggiormente idonee al benessere della persona. Va promosso il pieno rispetto alla persona   umana   del   malato,   rendendo   possibile,   nei   modi   opportuni e con eventualmente DPI predisposti all’evenienza,   la   presenza  di  persone  care,  e  così  evitare  di  imporre,  a  chi  già  si  trova  in  gravi  condizioni  di  disagio,  una  artificiale  separazione  dalla  propria  vita  relazionale. L’ammissione di un paziente in tempo di Covid viene vissuto  come  il  “principio  della  porta  girevole”:  quando  il  paziente  entra,  la  famiglia  viene  mandata  fuori.  La  logica  che  si  può  intravedere  in  questi    consolidati    comportamenti    è    riconducibile    a    una    concezione    tecnocratico-razionalistica   tendente   a   separare   rigidamente   i   luoghi   delle   diverse   attività   tecniche   e   di   lavoro   da   quelli   delle   relazioni   familiari,   assolutizzando le pur buone ragioni di organizzazione, di sicurezza o di igiene. In questa prospettiva, infatti, si tende a ritenere che, in funzione di un obiettivo strategico  di  primaria  importanza  come  la  tutela  della  vita  e  della  salute  del  paziente,  si  possa  procedere  ad  una  sorta  di  “sequestro”  del  paziente  stesso.  La  riduzione  o  l’abolizione  dei  contatti  con  il  proprio  mondo  di  relazioni  significative e degli affetti sarebbero, in altri termini, il prezzo da pagare per un beneficio  d’entità  nettamente  superiore,  quale  è  appunto  la  tutela  della  vita  e  della salute. Di qui la mancata preoccupazione di rendere compatibile con tale obiettivo  il  mantenimento,  per  quanto  possibile,  della  vita  di  relazione  e  coniugare quindi, anziché separare, vita biologica e vita di relazione.

A  questo  proposito  è  interessante  notare  che  medici  e  infermieri  sottovalutano  notevolmente  sia  il  bisogno  del  malato  di  avere  vicino  i  propri  cari,  sia  il  bisogno  dei  parenti  di  ricevere  informazioni  e  di  poter  stare  accanto  alla  persona  amata  (bisogni che, insieme alla rassicurazione, al sostegno e al conforto, sono quelli che le famiglie dei pazienti ricoverati manifestano maggiormente). La  separazione  dai  propri  cari  rappresenta  una  grave  limitazione  anche  per  gli  anziani  che  spesso  hanno  bisogno  del  conforto e del sostegno dei familiari anche per prendere decisioni riguardanti i trattamenti sanitari. I  luoghi  di  cura  e  i  trattamenti  medici  devono  pertanto  essere  organizzati  in  modo  da  separare  il  meno  possibile  la  persona  dai  suoi  mondi  vitali,  favorendo  i  momenti  di  continuità  con  i  vissuti  familiari  e  sociali  delle  persone  coinvolte.  In  tal  modo  si  rispetta  anche  l’autonomia  del  malato,  che    dovrebbe    risultare    sostenuta    e    rafforzata    dalla    presenza    e    dall’accompagnamento   delle   persone   care,   mentre   una   solitudine   forzata   aggrava  inutilmente  la  già  difficile  condizione  della  malattia. Sulla  scorta  delle  attuali  conoscenze  scientifiche e di un’estesa prassi, la presenza accanto a sé delle persone care non costituisce in alcun modo una «minaccia» per il paziente, ma, al contrario, rappresenta  un’azione  positiva  in  grado  di  produrre  effetti  benefici  in  una  situazione  che  risulta  particolarmente  gravosa,  sia  per  il  paziente  sia  per  i  familiari. Dunque nel tempo della malattia non solo vanno sostenuti e resi il più possibile effettivi i diritti del soggetto malato come persona singola, ma – sia pur  talora  alterate  e  ridotte  -  non  devono  essere  mortificate  né  tanto  meno  abolite neppure le sue relazioni significative e affettive. La  nostra  è  una  società  che  non  vuole  «vedere  morire»,  che  censura  la  morte e la nasconde. In  genere,  infatti,  siamo  abituati  al  gesto  di  consegnare  un  corpo  dopo  la  morte,  ma  invece  possiamo creare le condizioni perché la persona sia accompagnata nel tempo della morte. Sempre che le circostanze lo permettano e che la morte non sia un evento acuto e inatteso, è importante permettere ai familiari di rimanere con la persona   cara   anche   nel   tempo   finale   della   sua   vita,   restandole   vicini,   accarezzandola  (o  tenendola  in  braccio  nel  caso  sia  un  bambino),  parlandole  con  i  gesti  e  il  lessico  speciali  della  loro  intimità.  Sono  passaggi  difficili  e  complessi  ma  di  enorme  importanza.  Inoltre  tutti  questi  gesti  di  commiato  rappresentano la prima tappa per una corretta elaborazione del lutto. Nessuno deve soffrire o morire da solo.

(MANDATO SANITARIO DA COPIARE-INCOLLARE PER STAMPARE)

Sulla mia difficoltà ad affrontare da solo

la mia condizione di salute

Io Sottoscritto/a ___________________________________________________________________________________

nato/a a _____________________________________(____) il ____/____/___________________________________,

residente a ______________________________________________(____), in _____________________ n°__________

CF ____________________________________________________________________________________________

nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, in totale libertà di scelta, ed allo scopo di salvaguardare la dignità della mia persona in merito alle decisioni da assumere nel caso necessiti di cure mediche

DISPONGO QUANTO SEGUE

Essendo il diritto all’informazione delegabile ad una terza persona come richiamato all’art.1, comma 2 della Legge 219/2017: “2. E' promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia  tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e  la  competenza, l'autonomia  professionale   e   la   responsabilità   del   medico. Contribuiscono alla  relazione  di  cura,  in  base  alle  rispettive competenze, gli esercenti una professione  sanitaria  che  compongono l'equipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il  paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione  civile  o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo”; all’art 1 comma 3 prevede che: “(omiss) Può indicare i familiari o una persona di sua  fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. L’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.”Art. 30, 5° comma Codice di Deontologia Medica: “La documentata volontà della persona assistita (…) di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata.” Il diritto all’informazione può essere quindi esercitato anche indicando alla struttura sanitaria la persona alla quale devono essere fornite le informazioni relative all’atto medico; e nella mia scelta è compresa anche la delega stessa alla manifestazione del consenso alla prestazione sanitaria. Art. 33 - Informazione e comunicazione con la persona assistita: “Il medico rispetta la necessaria riservatezza dell'informazione e la volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l'informazione, riportandola nella documentazione sanitaria”.

Nomino mio rappresentante fiduciario con mandato sanitario

Il/La Signor ______________________________________________________________________________________________

nato/a a _________________________________________________________________________(____) il ____/____/_______,

residente a _____________________________________________________(____), in ___________________________ n°_____

CF ____________________________________________________________________________________________________

i cui recapiti per la consultazione sono:

Telefono _______________________________________

e-mail__________________________________________

al quale conferisco un mandato per assistenza sanitaria ed il quale sottoscrive per accettazione dell’incarico

 

                                                                                           FIRMA_____________________________________

 

autorizzando lo stesso al trattamento completo di ogni dato riguardante la mia privacy ai sensi del decreto legislativo 196/2003 su RE 2016/679. Il quale si impegna a garantire lo scrupoloso rispetto delle mie volontà da lui attentamente conosciute, assistendomi e partecipando a pieno titolo nelle decisioni, sia nel caso io perdessi la capacità di comunicare le mie decisioni, sia come affiancamento qualificato alla mia persona in piena presenza delle stesse facoltà perché da me ritenuto in grado di precedermi nell’adozione del consenso libero ed informato, riferito ad ogni trattamento sanitario, esame medico, terapia farmacologica o altre iniziative che riguardano il mio percorso di guarigione, obbligando in solido a fornire al soggetto delegato un’informazione COMPLETA ED EFFICACE e concordare con quest’ultimo ogni decisione, nonché il compito di manifestare il consenso ad ogni atto terapeutico, chiedo quindi  che la presenza della persona indicata  sia indispensabile per discutere la validità delle proposte sulle cure mediche a me necessarie, con successiva approvazione o rifiuto in merito a quanto proposto e che non può essere impedita per nessuna imposizione espressa da terzi.

in fede________________________________________

 

Si allegano alla presente copie dei documenti di identità del mandante e mandatario

Mandato sanitario PDF

(Questo documento è di proprietà intellettuale di Ghisla Alessandra - consulente con studi di diritto - che ne permette condivisione ma con citazione della fonte)

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