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NIDI E MATERNE NON SONO OBBLIGATORI MA SONO UN DIRITTO SOCIALE INALIENABILE

 

Da quando è uscita la Legge lorenzin nel 2017 ho sentito spesso la frase "Nidi e materne non sono scuola dell'obbligo quindi i bambini possono essere esclusi".

NIENTE DI PIU' FALSO. Solita propaganda messa in circolo per convincere i genitori a rinunciare a nidi e materne pubblici e privati e, per chi non può tenerli a casa,  a dover obbligatoriamente usufruire delle "scuole parentali", la quale retta costa più di un collegio svizzero. Ed ecco così che si privatizza anche l'istruzione mentre le scuole si alleggeriscono di studenti, i genitori pagano doppiamente sia la statale che la privata. Un bel regalo per il Governo e per chi ha fiutato il business delle "scuole parentali" o "scuole online" che, grazie anche al Covid, ha visto aumentare i gradi scolastici. Infatti abbiamo proprio parlato di TRUFFA sulle esclusioni ---> QUI 

NESSUNA LEGGE, NEANCHE LA LORENZIN, IMPEDISCE ISCRIZIONE, ACCESSO E FREQUENZA NEI NIDI E NELLE MATERNE AI BAMBINI NON IN REGOLA CON LE VACCINAZIONI OBBLIGATORIE.

La normativa vigente di riferimento, oltre all’art. 3-bis della legge 119/2017 va recepita ai sensi dell’art. 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti. (N.d.R. Intesa dai nidi all'università) L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita (N.d.R. Elementari e Medie). I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. L'obbligo formativo in Italia, ridefinito come diritto-dovere, si riferisce, in generale, alla fruizione di un diritto e all’assolvimento di un dovere in tema di istruzione e formazione fino a diciotto anni, con il conseguimento di un titolo di scuola secondaria di secondo grado o di una qualifica professionale almeno triennale. Il completamento del secondo ciclo rappresenta la finalità dell'obbligo scolastico - obbligo d'istruzione, che prevede l’obbligatorietà dell'istruzione e formazione per almeno 10 anni di frequenza, fino al compimento dei sedici anni, età minima per l'accesso al lavoro. Infatti oltre alla frequenza di una istituzione scolastica o formativa, si prevede che l'istruzione possa essere "parentale", su richiesta documentata della famiglia con le figure responsabili della vigilanza (non solamente i genitori, ma anche comuni, dirigente scolastico, servizi per l'impiego, oltre agli studenti che «concorrono» all'attuazione del diritto-dovere). Si individua nell'anagrafe nazionale degli studenti lo strumento per raccogliere dati e scambiare informazioni in modo da controllare la frequenza di ciascuno studente.Per quanto riguarda l'assolvimento dell'obbligo scolastico attraverso l'istruzione parentale, si prevede l'obbligo del dirigente della scuola presso cui l'alunno risulta iscritto di verificare sia la capacità di assolvere al compito da parte dei genitori, sia la partecipazione annuale dell'alunno all'esame di idoneità, aggiornando con gli esiti conseguiti l'anagrafe degli studenti (da Wikipedia). QUI la procedura per Home Schooling. Istruzione Parentale che DEVE rimanere una scelta, non obbligatoria perchè tutti dicono, politica e gruppi del dissenso, che non esitono alternative possibili.

Ma oltre all'obbligo di istruzione per la fascia 6-16 anni, c'è anche l'obbligo statale di garantire ed assicurare il diritto sociale di educazione/socializzazione/inclusione per la fascia 0-6 anni. Più di cinquant'anni fa, nel dicembre 1971, entrava in vigore la legge 1044/1971, avente come obiettivo "l'istituzione di asili nido comunali con il concorso dello stato". Per la prima volta, dopo le prime esperienze e sperimentazioni a livello locale, gli asili nido diventavano a pieno titolo un servizio di interesse pubblico, il cui sviluppo doveva essere promosso dallo stato. L'approvazione di questa legge fu un passo avanti fondamentale per il nostro paese: lo sviluppo dei servizi prima infanzia veniva considerato non come un fine in sé, ma come lo strumento per promuovere l'occupazione femminile tenendo in custodia i bambini fin dalla tenera età. L'Italia ha ratificato la “Convenzione dei Diritti del Fanciullo” con Legge n. 176 del 27 maggio 1991 con il Principio settimo: “Il fanciullo ha diritto a una educazione che, almeno a livello elementare, deve essere gratuita e obbligatoria. Egli ha diritto a godere di un’educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società. Il superiore interesse del fanciullo deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo sui propri genitori. Il fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto”. Il diritto all’istruzione è senza dubbio un diritto sociale perché impone al potere pubblico di garantire a tutti l’accesso a un adeguato sistema scolastico. Rispetto ad allora, ovviamente, molte cose sono cambiate visto che gli asili nido, ed in generale i servizi per la prima infanzia, rivestono oggi un ruolo chiave nello sviluppo del minore. Con la sentenza n. 467 del 2002 la Corte Costituzionale ha affermato che "il servizio fornito dall'asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alla famiglia nella cura dei figli o di mero supporto per facilitare l'accesso dei genitori al lavoro, ma comprende anche finalità formative, essendo rivolto a favorire l'espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino". Pertanto, pur negandosi l'inserimento degli asili nido nell'ambito delle vere e proprie istituzioni scolastiche, si è rilevata "la assimilazione, ad opera della legislazione ordinaria, delle finalità di formazione e socializzazione perseguite dagli asili nido rispetto a quelle propriamente riconosciute alle istituzioni scolastiche". La presenza di scuole pubbliche costituisce perciò un vincolo costituzionale, cosicché, come dice il secondo comma dell’art. 33, è sulla Repubblica che grava l’obbligo di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Secondo la giurisprudenza del giudice costituzionale, il diritto di accedere e di usufruire delle prestazioni, che l’organizzazione scolastica è chiamata a fornire, parte dagli asili nido (che, pur non essendo delle vere e proprie istituzioni scolastiche, vengono ad essere assimilati ad esse dalla legislazione ordinaria – dice la sentenza n. 370 del 2003 – perseguendo analoghe finalità di formazione e socializzazione) e si estende sino alle università per quanto attiene all’attività di insegnamento, posto che esse, al di là dell’aspetto organizzativo interno “manifestantesi in amministrazione e in normazione statutaria e regolamentare”, sono da intendersi come organizzazione complessiva considerata “anche sul lato funzionale esterno coinvolgente i diritti e incidente su di essi”. Se è vero che gli istituti comprensivi sono una risorsa per la crescita organica nella scuola di ogni singolo alunno perché creano quella continuità e quel lavoro verticale di cui si è già parlato ampiamente, è anche vero che i tre gradi di scuola (Infanzia, Elementare e Media) che li compongono hanno le loro necessarie peculiarità e specifiche caratteristiche, poiché  si rivolgono a bambini e ragazzi che attraversano una lunghissima fase dell’età evolutiva e che quindi necessitano, per ogni grado di istruzione, di accorgimenti particolari nell’organizzazione  e nella strutturazione didattica. Oggi poi tutti i servizi educativi (nido, mini nido e nido familiare) e le scuole dell’infanzia rientrano ufficialmente nel D.lgs 65/2017 “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”, dove all’art. 1 comma 4: “Il Ministero dell'istruzione, dell’università e della  ricerca, nel rispetto delle  funzioni  e  dei  compiti  delle  Regioni,  delle Province autonome di Trento  e  di  Bolzano  e  degli  Enti  locali, indirizza, coordina e promuove il Sistema integrato di  educazione  e di istruzione su tutto il territorio nazionale”. Si dettaglia che, all’art.2 “2. Il Sistema integrato di educazione e di istruzione accoglie le bambine e i bambini in base all’età ed  è  costituito  dai  servizi educativi per l'infanzia  e  dalle  scuole  dell'infanzia  statali  e paritarie”. Infatti anche le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico. Il riconoscimento della parità quindi garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, ciò inserisce le scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione e le impegna ad accogliere tutti gli alunni che ne accettino il progetto educativo e richiedano di iscriversi, compresi gli alunni e studenti con disabilità ed a contribuire a realizzare la finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola. Seppur rimangano società od associazioni private.

La ricerca, dal titolo "Esiti scolastici e comportamentali, famiglia e servizi per l´infanzia", condotta anche in collaborazione con la New York University e il Collegio "Carlo Alberto" di Torino, cambia il punto di osservazione, il nido cioè come luogo fondamentale per i bambini, oltre che salvagente per le famiglie. Mettendo a confronto diverse fonti statistiche, ma in particolare i risultati degli ultimi test Invalsi (ossia sul livello di preparazione) per la seconda e la quinta elementare nell´anno 2009/2010, ciò che emerge in modo netto è la maggiore preparazione sia in italiano che in matematica dei bambini che nella prima infanzia avevano frequentato un asilo nido. Più bravi a scuola, più socievoli, più autonomi. Ma anche più capaci di concentrarsi, più creativi nel gioco, più aperti verso i compagni. E se le mamme lavorano, il punteggio a sorpresa non peggiora, anzi migliora. Dati sorprendenti e nuovi per il nostro paese, dove da una parte c´è una grande carenza di asili nido pubblici, ma dove persiste anche una forte diffidenza all´idea di "far uscire da casa" i propri piccoli almeno fino ai tre anni di vita. Infatti mentre la frequenza nei nidi non supera il 50%, ormai le scuole dell’infanzia hanno raggiunto lo status di scuola vera e propria con una frequenza nazionale al 95%. È l’ingresso nella scuola dell’infanzia che mette il bambino di fronte a un ambiente sociale complesso, ad un contesto formato da nuove relazioni extra familiari, nel quale è chiamato ad interagire con più persone contemporaneamente, pari e adulti e a mettere in atto interazioni sociali via via più articolate. La scuola dell’infanzia quindi, promuovendo l’acquisizione di norme e di valori della comunità di riferimento nonché dei comportamenti socialmente approvati, favorisce nel bambino la maturazione dell’immagine di Sé, la conquista dell’autonomia, l’acquisizione di competenze emotive, la capacità di tollerare l’assenza delle figure di riferimento. La scuola dell’infanzia diventa, quindi, un setting necessario al processo di maturazione del bambino da un punto di vista non solo cognitivo ma anche sociale ed emotivo; con il primissimo ingresso in sezione cambiano diversi aspetti della sua vita. Il bambino diventa più autonomo, più indipendente, sviluppa fiducia in se stesso, impara a condividere e a rispettare le regole del gioco, sperimenta cosa significhi fare amicizie, instaura nuove relazioni con gli adulti e con i pari.

Negli ultimi anni sono stati stanziati importanti fondi di diversa natura per lo sviluppo dei servizi educativi rivolti alla prima infanzia. Importanti prospettive di cambiamento nel quadro istituzionale di riferimento si delineano con l’introduzione del Decreto legislativo n. 65, del 13 aprile 2017 - SOLO DUE MESI PRIMA DELLA LEGGE LORENZIN - (“Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”) che all’art. 1 ribadisce: “1. Alle bambine e ai bambini, dalla nascita fino ai sei  anni,  per sviluppare  potenzialità  di  relazione,   autonomia,   creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, sono garantite pari opportunità di educazione e  di  istruzione,  di cura, di relazione e di gioco, superando  disuguaglianze  e  barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. Con questo decreto si sono poste le basi per far uscire i servizi educativi per l'infanzia dal comparto assistenziale e farli entrare a pieno titolo nella sfera educativa, garantendo così la continuità del percorso educativo dalla nascita fino ai sei anni di età. Il nuovo sistema integrato di educazione e istruzione, indirizzato e coordinato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha fra i principali obiettivi lo sviluppo delle potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento delle bambine e dei bambini, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, garantendo così pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, favorendo anche il superamento delle disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali. Quindi seppur i nidi e le scuole dell’infanzia non rientrino nell’obbligo di istruzione in carico ai genitori da assolvere, rientrano con certezza nel sistema d’istruzione nazionale e come diritto sociale universlamente riconosciuto; ai genitori che volontariamente ne fanno domanda di iscrizione deve essere garantito ed assicurato il servizio anche come diritto del minore stesso. Con l’esclusione da nidi e materne si innescherebbe quindi anche il danno esistenziale del minore stesso oltre il patrimoniale per i genitori.

“La migliore battaglia è quella che vinciamo senza combattere" è una frase scritta nel' L'Arte della Guerra di Sun Tzu. Convincere i genitori che la "Legge Lorenzin escluda i bambini 0-6 novax" oppure che "Nidi e materne non sono scuola dell'obbligo quindi potete restarne fuori" è stata la prima mossa per far si che NOI, non conoscendo i nostri diritti, NON lottassimo per difenderli. Vince il Governo a tavolino per resa spontanea dell'avversario. Tantissimi genitori hanno rinunciato proprio perchè "c'è la Legge" quando la Legge non c'entra nulla. Le esclusioni scolastiche sono assolutamente FUORI LEGGE e vanno denunciate in tutte le sedi possibili perchè se non lottiamo per UN diritto, TUTTI noi perdiamo quel diritto. 

Sii consapevole, sii libero.

Alessandra Ghisla - Consulente con studi di Diritto Scolastico

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